Il diritto della moneta riporta la leggenda: IMP C AVR VAL VALENS P F AVG e la testa laureata di Valens a destra.
Nel rovescio è riporta la leggenda: IOVI CONSER-VATORI AVGG; nel campo a sinistra K, a destra in verticale Ω, X, e A, all’esergo ALE. Giove niceforo stante a sinistra tiene con la mano destra un globo sormontato dalla Vittoria ed un lungo scettro con la sinistra; ai suoi piedi un uccello con un lungo collo.
I riferimenti bibliografici confrontabili con questo esemplare sono: H.Cohen [1], 2 (con valutazione di Fr. 500) e R.I.C. [2], 19.
La sostanziale differenza tra l’esemplare in questione ed il tipo riportato dalla bibliografia è il volatile presente nella raffigurazione del rovescio che risulta essere un aquila con una corona nel becco ed una corona di alloro nel campo a destra.
La moneta proviene dalla ditta francese CGB, 36, rue Vivienne, Parigi che l’ha posta in asta in una vendita all’asta n.59 del 19 giugno 2013 al lotto 436. Nel catalogo dell’asta è possibile apprendere che l’esemplare proviene dalla collezione del dott. Thierry de Craeker.
L’esemplare presenta un ampio flan ed un tondello relativamente sottile e di forma sostanzialmente regolare, la coniazione è ben centrata sia al dritto che al rovescio. La testa dell’imperatore appare particolarmente rilevata e tutta la moneta risulta perfettamente leggibile; la patina è verde con almeno due differenti toni di colore ed alcune concrezioni; appare granulosa con la presenza di alcune piccole mancanze dove è visibile il metallo vivo di colore sostanzialmente rosso.
Quella di Aurelius Valerius Valens è una figura dai contorni poco definiti: le sue origini sono sconosciute, così come l’anno e il luogo della sua nascita.
Di lui si sa soltanto che probabilmente fu Dux Limitis nella provincia della Dacia. Salì agli onori della cronaca nel dicembre del 316 d.C. quando l’Augusto per la parte orientale dell’Impero, Licinio, lo nomina collega nell’Impero.
Fu questo, un chiaro segnale di opposizione di Licinio nei confronti dell’Augusto d’Occidente Costantino I, che con questa nomina non veniva più riconosciuto come legittimo imperatore.
La conseguenza di questa provocazione non poteva che essere lo scontro armato. La battaglia decisiva avvenne il 1 marzo 317 d.C. nei pressi di Mardia, identificata con l’odierna Harmanli in Bulgaria. L’esercito guidato da Valens e Licinio si scontrò con le truppe comandate da Costantino che ebbero la meglio. Il giorno stesso venne firmata la pace a chiaro discapito di Licinio; questa prevedeva la cessione dell’Illirico a Costantino e l’esecuzione di Aurelius Valerius Valens che fu prontamente eseguita.
Le monete conosciute coniate a nome di Aurelius Valerius Valens risultano essere state coniate soltanto in due zecche dell’impero, Alessandria e Cizico con la stessa titolatura della leggenda del dritto e la stessa raffigurazione del rovescio.
Ad un attento esame il follis a nome di Aurelius Valerius Valens è risultato essere, a mio parere, una moderna imitazione del tipo a nome dell’imperatore coniato ad Alessandria, per una lunga serie di considerazioni qui di seguito riportate.
Lo stile
Il tipo di follis in esame è stato emesso da Aurelius Valerius Valens, tra il 316 e il 317 d.C. dalla zecca di Alessandria, e coniato nella prima officina della zecca, nominata “A” sulla moneta. Confrontando questo esemplare con i follis emessi nella stessa zecca e nella stessa officina a nome dell’imperatore Licinio e dallo stesso Valens, appare evidente come lo stile della moneta in questione si discosti notevolmente.
Prendendo in esame il dritto della moneta, la legenda appare essere completamente diversa rispetto agli esemplari conosciuti per questo tipo. Infatti una caratteristica costante nei follis alessandrini del periodo (sia a nome di Valens che di Licinio I) la si ritrova nella parte iniziale della legenda, IMP. La P tende ad essere di dimensioni superiori rispetto alle precedenti I ed M, mentre nell’esemplare periziato la M è più larga di quanto dovrebbe essere e la I e la P sono di pari dimensioni, peculiarità non presente in altri esemplari.
Nelle tipiche leggende di monete alessandrine non si notano spazi tra i vari nomi, titoli e cariche dell’imperatore e tutte le lettere che le formano hanno un aspetto uniforme. Al contrario, nell’esemplare studiato notiamo un anomalo spazio nella porzione di legenda AVR (che diventa A VR) del tutto immotivato poiché interrompe uno dei nomi dell’imperatore.
Una generale incongruenza stilistica è osservata anche per il resto delle lettere. Se prendiamo in considerazione il ritratto, le differenze con i follis alessandrini si fanno ancora più marcate. Il volto non possiede le caratteristiche tipiche che permetterebbero all’istante di ricondurlo alla zecca di questa città: lo stile dell’occhio risulta diverso, la mascella possiede un profilo piuttosto squadrato anziché leggermente ovale. I lacci della corona dietro il capo dell’imperatore, terminano formando una piccola curva, mentre in tutti i follis di Alessandria questi cadono paralleli al collo dell’imperatore.